Culture. Il colore del Paleolitico di Grotta Paglicci: artisti preistorici a confronto.
Il colore elemento fondamentale per ogni artista, grammatica visiva nonché strumento espressivo principale, ha sempre affascinato e permesso di comunicare con il mondo sin dall’antichità.
di Andrea Ruscitto
Il colore elemento fondamentale per ogni artista, grammatica visiva nonché strumento espressivo principale, ha sempre affascinato e permesso di comunicare con il mondo sin dall’antichità.
Grotta Paglicci sito peleolitico di straordinaria importanza mondiale, situato nel comune di Rignano Garganico (FG), le Grotte di Lascaux, situate vicino al villaggio di Montignac in Francia e le Grotte di Altamira in Spagna, ne sono l’esempio lampante del primordiale utilizzo di tale forza espressiva, qual è il colore, utilizzato già circa 40-35000 anni fa.
Ma cosa accomuna i colori di questi tre importanti siti archeologici?
L’utilizzo dei materiali, che certamente si diversificavano per la consistenza cromatica, ma anche il loro reperimento, che consisteva generalmente nel ricavare piccoli blocchi di ocra gialla o rossa, carbone , ematite, magnese, etc.
Da questo si capisce come nel Paleolitico i colori che si potevano ricavare erano generalmente quattro: il rosso, il giallo, il nero e il bianco. Le pitture rupestri di questi tre importanti siti archeologici ci permettono di coglierne anche le diverse sfumature cromatiche e di tono, per la rappresentazione di immagini che hanno inizialmente scopi magici e propiziatori.
Particolare rilievo assumono oggi le pitture rupestri di Grotta Paglicci (che da qualche settimana offre la possibilità a tutti di poter visionare un museo all’avanguardia, dedicato al paleolitico della grotta) il quale autore o autrice può essere considerato il Michelangelo delle pitture rupestri, visto l’originalità di una figura in particolare, rappresentante un cavallo rampante e il colore (un rosso ocra) che si dimena e nello stesso tempo raccoglie e delinea le forme della intera figura.